CRISI OCCUPAZIONALE PER ASSENZA ISTITUZIONALE E IMPRENDITORIALE

Ma non meno significativi i casi di poca voglia di lavorare (concetto che i politici evidenziano con cautela), collocazioni mal appropriate  e ancora carenti la cultura civica e il senso di autoresponsabilità. Quanto è lontano il rischio recessione?

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Alla luce di quanto si sta perpetuando nel nostro Paese, verrebbe da fare qualche considerazione in più, in particolare per quanto riguarda la crisi economico-finanziaria e occupazionale. Da più parti imprenditori lamentano la difficoltà di trovare maestranze da assumere, e questo per una serie di motivi; per contro c’è ancora una fascia di popolazione (disoccupata o sottoccupata) responsabile e ben intenzionata ma che nonostante tutto non riesce ad avere una collocazione duratura nel tempo, sia per esigenze di sussistenza e sia per giungere all’ottenimento della pensione. Per questi ultimi casi a mio avviso è per causa della crisi generale o per quella vantata esigenza di turnover per la quale vengono assunte persone con contratti a tempo determinato…, lasciando gli interessati in balia del precariato e dell’incertezza di un loro futuro, magari con famiglia al seguito. Oggi, a seguito degli eventi come la pandemia e le relative conseguenze, il mondo del lavoro ha subito diversi contraccolpi, peraltro affrontati dalla classe politica non sempre nel modo più appropriato e incisivo, come ad esempio impegnandosi nella prevenzione dello sfruttamento del cosiddetto caporalato, ma anche l’adozione irrazionale dei provvedimenti economici che si sono succeduti come il tanto discusso reddito di cittadinanza, e più recentemente le varie proposte di “bonus”; espedienti che come si è potuto constatare hanno creato confusione, malcontento e non pochi casi di sfruttamento della situazione… con relativi notevoli sprechi. Eventi che ancora adesso non sono privi di perplessità tant’è che il problema della occupazione di fatto è solo molto parzialmente risolto, e questo perché non basta una volontà politica ma occorrono pluri competenze e maggiore determinazione, a cominciare dal selezionare la fascia dei disoccupati con l’accortezza di “redarguire” i cosiddetti eterni scansafatiche (e sfruttatori del sistema), imponendo loro: o intraprendi una occupazione oppure sei destinato ai lavori socialmente utili sia pur con un minimo di sostentamento. Ma purtroppo stiamo constatando che tra questi vi sono taluni che sono eterni parassiti, ed altri dediti a vivere unicamente di espedienti, quindi potenziali autori di reati, e per costoro si potrebbero aprire le porte della restrizione coatta, diversamente non intravedo alternative. Ma tornado alla potenziale e reale forza lavoro di tutt’altra attendibilità, si tratterebbe anche di fare delle selezioni per offrire una occupazione la più inerente possibile alle loro naturali attitudini, manuali e/o intellettive e ovviamente riconoscendo la giusta retribuzione. Inoltre, c’è da ricordare che tra le persone da occupare vi sono anche quelle affette da una disabilità, per le quali è prevista una apposita legge; ma anche in questo caso si prospettano problemi come la manifestazione di pregiudizi da parte di taluni imprenditori, come pure da parte di referenti della Pubblica Amministrazione.

Insomma, la nostra società (italiana in particolare) su questo versante ha fatto progressi parzialmente legislativi e assai scarsi dal punto di vista della concretezza; di conseguenza il malessere, e la non soluzione del problema occupazione resta ancora lontana. Quindi per situazioni come queste Leggi “ad hoc” i riferimenti costituzionali servono a ben poco se non vengono messe seriamente in pratica, e questo anche perché la popolazione italiana non ha fatto alcun progresso culturale nonostante l’avvento del ’68 e la nascita di vari movimenti associativi; oltre all’imponente progresso in vari ambiti che ha distratto (e distrae) le persone da tutto ciò che è razionalità, saggezza e autoresponsabilità relegando il Paese tra gli pseudo democratici e scarsamente civili… E c’è chi sostiene che l’Italia sia tra i peggiori Paesi europei per equilibrio tra vita e lavoro. Queste mie considerazioni non sono frutto di un anticonformismo come apparentemente si potrebbe dedurre, ma di quella oggettività che sarebbe da ipocriti negare, e l’ipocrisia si sa, riduce la credibilità favorendo l’arretratezza, ovvero un progresso all’inverso. Quindi, per risalire la china sarebbe opportuno attivare una totale “revisione politica in toto”, ma se come sempre comanda chi può e ubbidisce chi vuole (“quando si è in due a comandare uno è di troppo”), nemmeno un miracolo risolleverà le sorti di questo Paese… a rischio di una possibile recessione che personalmente non vedrei così lontano. E intanto, mancano medici e infermieri (quelli attivi sono spesso mal gestiti), la Sanità pubblica è sempre più carente, e il costante ricorso a quella privata va di pari passo con quei cittadini che sono costretti a rinunciare a farsi curare, o comunque in tempi biblici. Per non parlare poi di quelli che escono di casa per andare al lavoro e alla sera non fanno più ritorno…!

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