REPORTAGE: LANZAROTE, UN’ISOLA TUTTA DA SCOPRIRE

di Francesca Lippi

Scrivere delle isole Canarie, in specifico di Lanzarote, a pensarci bene può risultare inutile infatti, basta digitare la parola “Lanzarote” su Google, e ognuno di noi troverà pagine e pagine di descrizioni e immagini di quest’isola. Perciò mi limiterò a parlarvi  solo delle impressioni che questo Paese mi ha regalato stregandomi  con il suo fascino essenziale, con la sua terra lavica nera e arida come il deserto all’apparenza, invece ricca di coltivazioni estrapolate dalla fatica dell’uomo e dal suo ingegno. Basti pensare alle sue vigne, nelle foto in alto, quasi nascoste alla vista e protette da piccoli muri a secco un tempo circolari e oggi più lineari che le proteggono  dagli Alisei, venti  che  a Lanzarote soffiano forte, e  che impedirebbero all’uva di crescere e di regalare al nostro palato un vino liquoroso buonissimo, una Malvasia che tanto ricorda quella siciliana. Chi mai si sognerebbe anche solo di  immaginare, dopo aver visto queste terre aride che vi potessero crescere delle viti con dell’uva così buona? Quanta fatica, quanto sudore per i campesinos in queste terre, considerando poi che il frutto di quel duro lavoro un tempo andava in prevalenza ai loro padroni, i latifondisti terrieri, che li sfruttavano al massimo.

Infatti, un grande artista, l’architetto César Manrique, (1919-1992) nativo di Lanzarote e che nell’isola ha lasciato tracce indelebili della sua arte e del suo estro, proprio ai campesinos e al loro duro lavoro ha dedicato una delle sue opere più importanti”Campesino“,appunto. (Nelle foto a sinistra il monumento ai campesinos e alcuni attrezzi da lavoro conservati nella casa museo ristrutturata da César Manrique nei pressi di san Bartolomé, zona a pochi chilometri da Puerto del Carmen).

E di César Manrique dobbiamo parlare, sicuramente. Per chi ama e conosce Gaudì e le sue opere, l’accostamento a Manrique è inevitabile, anche se le differenze  tra i due architetti sono indubbiamente sostanziali ed è l’estro il loro denominatore comune. Non sono critica d’arte perciò ancora una volta mi limiterò a presentarvi Manrique per come l’ho percepito ammirando le sue opere sprofondate nella natura. Utilizzo il termine “sprofondare” perché Manrique è riuscito ad ideare e far costruire case, cominciando dalla sua, nelle bolle di un vulcano spento e poi giardini, piscine, auditorium, laghi sotterranei che sprofondano per diversi metri sotto terra. La miscellanea natura/arte prodotta dall’artista è sublime ed unica. E tutta da ammirare.

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