30 Dic 2019

Matteo Sormani, lo chef che fa il panettone a 1800 metri

Scritto da: Lorena Di Maria

Matteo Sormani è lo chef che, a Riale, un piccolo paese sulle alpi Lepontine, realizza il panettone più alto d’Italia. E lo fa a 1800 metri di altezza all’interno del suo laboratorio nato dall’esigenza di sopperire alla chiusura dell’unico panettiere della valle, contribuendo a rilanciare il territorio attraverso un prodotto locale e artigianale che valorizza la montagna.

Salva nei preferiti

Verbania - Riale è il primo paese della colonia Walser, localizzata in Valle Formazzo in provincia di Verbania, tra le splendide alpi Lepontine. Un luogo d’incanto dove d’inverno la neve copre ogni cosa, e dove sembra che il tempo si fermi, nella contemplazione di quel suggestivo paesaggio.

In questo luogo magico vive Matteo Sormani, uno chef d’alta quota che realizza un prodotto davvero speciale: il panettone artigianale preparato a 1800 metri. E lo realizza all’interno del ristorante “Walser Schtuba” a cui ha dato vita sedici anni fa.

Il laboratorio del locale nasce da un’esigenza, quella di sopperire alla chiusura dell’unico panettiere della valle. Così Matteo decide di realizzare un laboratorio che gli permettesse di essere indipendente al 100% per tutto ciò che riguardava gli approvvigionamenti di pane all’interno del ristorante.

Matteo Sormani3

Matteo Sormani vive da sempre nella bellissima conca di Riale che, oltre a lui, conta tre abitanti, la cui missione è proprio quella di fare ristorazione promuovendo l’ospitalità al 100%. «Noi da sempre viviamo in questo luogo. Il paese più vicino è a otto chilometri di distanza, dove sono presenti abitanti tutto l’anno. Ma qua, insieme a mia sorella e mio cognato, abbiamo dato vita a tre strutture alberghiere, un negozio che ci permette di vendere i nostri prodotti e qualche bed & breakfast, per un totale di circa duecento posti letto. In questo modo valorizziamo e facciamo conoscere il nostro territorio».

All’interno del laboratorio Matto Sormani ha iniziato con la produzione di pane realizzato con il lievito madre e poi, in un secondo tempo, tra l’impegno, la voglia e i risultati positivi ottenuti, ha deciso di sperimentare anche alimenti dolci. Così nasce il “panettone di montagna”.

A 1800 metri tutto cambia: «come dico sempre, la qualità del lievito a queste altitudini ha una vita migliore rispetto a un lievito che vive in una città perchè l’aria è più pulita, perchè l’acqua è più pura e perchè la qualità del prodotto deriva da un lavoro completamente artigianale. Ci impegniamo ad utilizzare materie prime del territorio affinchè il risultato finale sia un panettone di alta qualità e digeribilità, che deve essere eccellente in ogni singolo ingrediente che lo compone».

Matteo Sormani

Per questo motivo Matteo Sormani ha scelto di utilizzare solo prodotti piemontesi: il burro è prodotto nelle vallate alpine, le farine arrivano dal cuneese e le uova dal territorio. Unica eccezione per la frutta candita, che giunge fino a Riale da produttori che lavorano biologico garantendo un’alta qualità della materia prima».

Una delle caratteristiche principali del panettone riguarda la fermentazione che, a 1800 metri, è più lunga rispetto a quella di pianura. «La scelta è stata quella di non lavorare con celle di fermentazione ma bensì sfruttando la temperatura dell’ambiente in ogni tipo di lavorazione. Si ottiene quindi una fermentazione completamente spontanea che si adatta alle temperature dell’ambiente» mi racconta Matteo.

Quest’anno Matteo Sormani ha prodotto e venduto quasi cinquecento panettoni. Negli anni hanno iniziato ad acquistarlo i clienti del ristorante, che si sono affezionati e che lo prenotano di anno in anno. Ma il panettone è venduto anche sul territorio, grazie alla collaborazione con un negozio biologico di Domodossola che ne cura la spedizione.

Lo chef, col suo panettone, da anni contribuisce a valorizzare la montagna e a far conoscere i prodotti locali di una zona di confine sconosciuta ai più. «Abbiamo iniziato tenendo aperta la nostra attività solo sette mesi all’anno e oggi, viste le numerose richieste, siamo arrivati a tenere aperto undici mesi. I prodotti che stiamo realizzando sono molto apprezzati e la richiesta è tanta. Lavorare a quest’altitudine è sicuramente una sfida ma è, proprio per questo, la soddisfazione più grande».

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Sanità e diritto alla cura: cronache da un’Ogliastra che vuole vivere, non sopravvivere
Sanità e diritto alla cura: cronache da un’Ogliastra che vuole vivere, non sopravvivere

Treat It Queer Foundation: l’arte per combattere l’invisibilità sanitaria
Treat It Queer Foundation: l’arte per combattere l’invisibilità sanitaria

Con Prodor alla scoperta del mondo dei fermenti vegani
Con Prodor alla scoperta del mondo dei fermenti vegani

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Come trasformare gli allevamenti in fattorie vegane, l’esperienza svizzera – #917

|

Val Pennavaire in rete: la nuova e inaspettata zuppa di sasso

|

Gaetano, terapista forestale dei Monti Lattari: “La foresta mi ha guarito”

|

Cuscini Bio, la moda etica e quel giocattolo dentro a una fornitura tessile

|

Animal Talk Italia: parlare con gli animali è possibile – Io Faccio Così #402

|

Lezioni ecologiche nelle scuole italiane, fra antropocene ed ecologia profonda

|

Alberi monumentali, in Sicilia sono 311 i tesori vegetali da tutelare

|

Sanità e diritto alla cura: cronache da un’Ogliastra che vuole vivere, non sopravvivere

string(8) "piemonte"