IL FARRAGINOSO E INTERMINABILE PROBLEMA DELLE LISTE DI ATTESA

Politici, tecnici e per estensione stakeholder (tutti i portatori di interesse) sono gli unici a ritenersi detentori nell’affrontare un problema che si trascina da anni, ossia sin dall’esordio della riconosciuta autonomia regionale in nome del Federalismo?

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)

È più che unanime la presa d’atto dell’ormai dell’interminabile fenomeno delle liste di attesa in tutta la penisola. Anche se per il vero la difficoltà di gestione è diffusa in tutti i sistemi sanitari dei Paesi industrializzati che assicurano la copertura universale delle prestazioni sanitarie. I tempi di attesa sono uno dei determinanti fondamentali della qualità dell’assistenza percepita dai cittadini-pazienti, contribuendo in modo incisivo al rapporto di fiducia verso il sistema sanitario. La lunghezza eccessiva delle liste di attesa, che è tale in quanto nella maggior parte dei casi non si attiene al relativo rispetto dei tempi previsti dal Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021 rappresenta per il sistema sanitario un evento decisamente critico che limita la garanzia dell’equità d’accesso e la fruizione dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza (LEA), e riduce gli standard di qualità tecnico-professionale e di qualità percepita. Insomma, un vero e proprio zoccolo duro da scalfire. Ma in buona sostanza, quali sono i fattori che determinano queste liste per fruire una prima visita o un esame diagnostico-strumentale? Secondo il dottor Fernando Muià, sono afferibili alla crescente richiesta di prestazioni sanitarie dovuta all’invecchiamento della popolazione e al progresso tecnologico; alla validazione delle necessità assistenziali da parte dei medici di medicina generale e specialisti, alla percezione del proprio stato di salute da parte dei cittadini; alla forte spinta “social” (mass media, interessi commerciali, etc.), al consumismo sanitario indipendentemente dalle evidenze scientifiche; e alla disponibilità di adeguate risorse umane, tecnologiche e strutturali da parte dei servizi sanitari, il loro appropriato utilizzo e la complessiva capacità organizzativa. Alla luce di queste evidenze, sinora nessun politico od esperto del settore della programmazione sanitaria ha saputo suggerire indicazioni pragmatiche e razionali (anche minime se non con qualche penalizzazione ulteriore) affinché tali liste siano superate. Eppure la normativa in merito non manca, quale è il PNGLA, il cui obiettivo prioritario è quello di avvicinare ulteriormente la sanità pubblica ai cittadini, ma a me pare che gli stessi non si siano mai scostati dalla Sanità pubblica anche se, proprio per le disattese e quindi il non rispetto del PNGLA, una certa percentuale di cittadini-pazienti ha “dovuto” optare per la sanità privata ed altri addirittura hanno dovuto rinunciare a farsi curare perché non abbienti. Ora, pare fin troppo comodo giustificare le difficoltà di abbattimento delle liste di attesa a causa della pandemia, come pure della eccessiva richiesta rispetto alla domanda e pur considerando con tutta obiettività tali “ostacoli”, non è detto che non si possa (o non si debba) trovare soluzioni alternative e/o integrative per soddisfare le esigenze dei pazienti, sia in ambito ospedaliero che territoriale. Non a caso, in merito a tale contesto, sono sempre più in aumento i Centri di Sanità privata, sia ambulatori che residenze socio-sanitarie-assistenziali (in convenzione e/o accreditamento, e non) che stranamente, ma mica poi tanto, hanno liste di attesa molte ridotte… e quasi immediate sono le prenotazioni se le prestazioni da erogare sono pagate per intero dal paziente. Altra scusante da parte della Sanità pubblica è la carenza di organico (medici, infermieri, tecnici e amministrativi), ma ciò anche se corrisponde al vero (ma solo in parte) non è contemplato nel PNGLA.

Ma in pratica tale Piano cosa prevede?

In particolare l’obbligo di indicare chiaramente su tutte le prescrizioni il “quesito diagnostico”, se trattasi di prestazioni di primo accesso (prima visita) o se di accesso successivo (visita di controllo), quindi la Classe prioritaria; le prestazioni successive al primo accesso devono essere prescritte dal professionista che ha preso in carico il paziente senza che questi sia rimandato al MMG/PLS per la prescrizione, e in tal senso l’organizzazione aziendale deve dotarsi di strumenti per garantire l’effettiva “presa in carico” del cittadino-paziente, pianificando la fruibilità delle prestazioni in modo tempestivo e congruo con il decorso della patologia, e questo anche per evitare il ricorso a prestazioni di più elevata complessità, come l’ospedalizzazione evitabile. Promuove la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva per l’accssso alle prestazioni ambulatoriali e di ricovero, il richiamo ai MMG/PLS e agli specialisti di attenersi a quanto previsto dal PNGLA per il corretto accesso alle prestazioni sanitarie, e quindi l’utilizzo delle classi di priorità; prevede la gestione trasparente e la totale visibilità delle Agende di prenotazione delle strutture pubbliche e private accreditate, nonché quelle dell’attività istituzionale e della libera professione intramoenia da parte dei sistemi informativi aziendali e regionali; promuove l’identificazione di percorsi individuati e condivisi in ambiti disciplinari trasversali all’Azienda con lo scopo di migliorare la qualità del servizio, la garanzia di continuità assistenziale, la riduzione dei tempi di attesa delle attività ambulatoriali e di ricovero, come il day service; prevede l’attivazione di modalità alternative di accesso alle prestazioni nel caso in cui al cittadino non possa essere assicurata la prestazione entro i limiti previsti dalla Regione (“Percorsi di tutela”). Al punto 5 delle Linee di intervento che le Regioni garantiscono per il Governo delle liste di attesa nei piani regionali, sono evidenziati i criteri di utilizzo delle prestazioni ambulatoriali richieste in classe programmata (P), ossia alle prestazioni di primo accesso da garantire entro 120 giorni. Ciò deve avvenire attraverso la gestione razionale degli accessi ambulatoriali attraverso l’uso del sistema CUP. Nella Regione Piemontead esempio, è operativo il Centro Unico di Prenotazione (CUP) che corrisponde al n.v. 80.000.500 tutti i giorni dalle 8.00 alle 20.00, compresa la domenica, ma escluse le festività nazionali, dal quale si possono prenotare, modificare, cancellare visite specialistiche ed esami diagnostici del SSN e di libera professione, con chiamate gratuite sia da rete fissa che da cellulare. In relazione al Programma Regionale per il Governo delle liste di attesa di Specialistica Ambulatoriale e di Ricovero per il triennio 2019-2021, è bene ricordare il criterio delle classi di priorità per le prestazioni. Urgente: da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore (U); Breve: da eseguire entro 10 giorni (B); Differibile: da eseguire entro 30 giorni per le visite e 60 giorni per gli accertamenti diagnostici; Programmata: da eseguire entro 120 giorni (P), in questa classe sono incluse le prestazioni programmate, anche di primo accesso, di approfondimento, controllo, follow-up.

Se persiste la inosservanza

In merito al Dlgs n. 124 del 29/4/1998, al punto 13 è precisato: “Fino all’entrata in vigore delle discipline regionali di cui al comma 12, qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale ai sensi dei commi 10 e 11, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria, ponendo a carico dell’azienda unità sanitaria locale di appartenenza dell’azienda unitaria sanità locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l’effettivo costo di quest’ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti”. Per contro, l’utente che non si presenti, ovvero non preannunci l’impossibilità di fruire della prestazione prenotata è tenuto, se non esente, al pagamento della quota di partecipazione al costo della prestazione (ticket), e comunque si ritiene possibile l’adozione di eventuali sanzioni amministrative secondo le relative disposizioni regionali/provinciali. Ma va anche precisato che quando i tempi di attesa previsti dalla legge non vengono rispettati, il cittadino ha diritto ad ottenere la prestazione in regime libero-professionale (intramoenia) pagando solo il ticket (se non è esente), come stabilisce, appunto il Dlgs 124/98. In questo caso, il paziente deve presentare un’istanza formale al direttore generale dell’Azienda ospedaliera e all’Assessorato regionale alla Sanità. Ma molti cittadini, per quanto si lamentino, non sono a conoscenza di questo loro diritto che, nella maggioranza dei casi, non viene fatto valere. E a questo proposito, in via del tutto confidenziale un cittadino tempo fa mi ha girato una “osservazione” da parte di un dirigente di una Azienda Sanitaria, proprio in merito alla erogazione delle prestazioni ambulatoriali con lunghi tempi di attesa istituzionali in regime di Libera Professione. Tale osservazione, personalizzata al suddetto cittadino, testualmente recita: «In riferimento alla sua nota del (……… u.s.), con la quale richiedeva la possibilità di “una prenotazione tramite servizio intramoenia” per una capillaroscopia, si conferma che il Dlgs 29/4/1998, n. 124 “Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell’art. 59, comma 50, della legge 27/12/1997, n. 449 (art. 3 commi 12,13,14)”, prevedeva che le Regioni disciplinassero, anche mediante l’adozione di appositi programmi, il rispetto della tempestività dell’erogazione delle prestazioni sanitarie e che fino all’entrata in vigore delle discipline regionali, qualora l’attesa della prestazione richiesta si fosse prolungata oltre il termine fissato dal Direttore Generale, l’assistito potesse chiedere che la prestazione venisse resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria. La Regione (…………….) ha successivamente proceduto ad approvare quanto previsto dal suddetto decreto, emanando i principi e i criteri per l’erogazione delle prestazioni e per la gestione delle liste di attesa, nonché i criteri per il monitoraggio dei valori e l’informazione all’utenza (citazione di una D.G.R. del 2006, ndr) e successivi ulteriori provvedimenti modificativi, integrativi e applicativi. Pertanto con l’emanazione della normativa regionale l’applicabilità del Dlgs 124/98 (art. 2 comma 13) è di fatto superata e non è previsto che i pazienti possono richiedere l’erogazione della prestazione in regime di libera professione intramuraria pagando il solo ticket, in quanto la fruizione di tale diritto, riconosciuto dal comma 13 art. 3 del Dlgs 124/98, è automaticamente decaduta dal momento dell’attuazione a decorrere dal 2006 dei programmi regionali». Tali osservazioni mi sembrano in contrasto con quanto prevede il PNGLA 2019-2021, in quanto è pur vero che sussiste l’autonomia regionale, ma è altrettanto vero che tale posizione regionale lede i diritti del cittadino che fa parte del SSN; e non credo che una Regione possa “dissentire” da quanto prevede una legge nazionale, diversamente si tratterebbe di una sorta di “anomia coercitiva”.

Cosa fare  per contestare il mancato rispetto di tale diritto?

Il rispetto dei tempi di attesa va garantito per tutte le prestazioni erogate dal SSN e dalla Sanità regionale pubblica. Il medico (di famiglia o specialista) che prescrive una determinata prestazione per le prime visite e prime prestazioni strumentali ambulatorali deve sempre indicare una della quattro classi di priorità (UBDP), e a decorre dal 31/12/2019, sempre per le prime visite e prime prestazioni strumentali ambulatoriali, l’attesa massima con classe di priorità “P” è di 120 gorni. Per i ricoveri sono previste quattro classi di priorità, le cui attese corrispondono qui di seguito: A con attesa massima di 30 giorni, B con attesa massima di 60 giorni, C con attesa massima di 180 giorni, D con attesa massima di 12 mesi. Il PNGLA prevede inoltre i cosiddetti “percorsi di garanzia/tutela” che devono essere attivati dalle Regioni, e devono prevedere dei percorsi di accesso alternativi alle prestazioni specialistiche (non per i ricoveri, in questa prima fase), nel caso che si superino i tempi indicati dal PNGLA e da quello regionale, in tali situazioni si può richiedere la possibilità di effettuare la prestazione in regime di privato accreditato. Nel caso che la lista di attesa per una determinata prestazione venga sospesa, tale sospensione o chiusura rimane un’azione illegittima punibile per legge (legge n. 266/2005, art. 1 commi 282 e 284). E se gli obiettivi di salute e assistenziali non dovessero essere raggiunti, la Direzione Generale ASL/AO può automaticamente essere rimossa  dal suo incarico per inadempienza, come del resto è indicato dal Dlgs n. 502 del 30/12/1992, art. 3 bis, comma 7 bis. Se al momento della prenotazione viene comunicato che la lista di attesa per la prestazione richiesta è bloccata, l’interessato deve segnalare (per raccomandata o Pec) il fatto alla Direzione Generale dell’Azienda Sanitaria e all’Assessorato alla Sanità della propria Regione per richiedere il modulo per lo sblocco delle liste e l‘applicazione dell’ammenda, contemporaneamente contattare il CUP per conoscere quali altre strutture possono erogare la prestazione. Nel caso dei superamenti massimi è opportuno chiedere l’individuazione della struttura pubblica o convenzionata in grado di erogare la prestazione in intramoenia senza oneri aggiuntivi oltre al ticket. È comunque bene inserirsi in lista di attesa, anche se non sono rispettate le condizioni di prescrizione, e ciò per dimostrare l’impossibilità di ottenere il diritto quando si contatterà la propria Asl succesivamente. Il dettaglio delle prestazioni individuate dal PNGLA e le modalità di erogazione dei servizi, possono essere visionati nella sezione apposita del sito web del Ministero della Salute, dove è contenuto il testo del nuovo PNGLA; inoltre ci si può rivolgere alla propria Regione e all’URP della propria Asl. Se si decide di recarsi solo ed esclusivamente in una struttura, anche se altre strutture della propria Asl sono in grado di erogare quella stessa prestazione nel rispetto dei tempi massimi, non ci sono alternative: bisogna attendere il proprio turno. È consigliabile contattare sempre il CUP al fine di individuare la struttura che eroghi la prestazione nel minor tempo possibile. Inoltre, nel caso che l’attesa prospettata dal CUP risultasse incompatibile con le proprie necessità, è utile parlarne con il proprio medico che eventualmente provvederà a certificare  la necessità della prestazione in tempi più brevi.

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