ASCESA DI NUOVE LEVE NELL’AMBITO DELLA RICERCA CLINICA E DELLA GIURISPRUDENZA

Particolarmente “significativa” la scelta di diventare avvocato in un difficile periodo di crescita socio-culturale e professionale

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

In un mondo sempre più in crescita con l’esigenza di nozioni ed esperienze in ogni ambito professionale e delle relazioni sociali, nuove figure si affacciano sul palcoscenico come il 28 enne Robel Papotti– foto in copertina

e il 23enne Dario Campesan (nelle foto accanto). Il primo, dottorando in Clinical and Experimental Medicine dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha ottenuto una borsa di studio del valore di 100 mila euro grazie ad un progetto di ricerca nel campo delle malattie linfoproliferative; il secondo ha superato 36 esami ottenendo la laurea a ciclo unico in Giurisprudenza in 3 anni e 8 mesi all’Università di Padova. Due brillanti promesse per il loro (e nostro) futuro in ambedue le Discipline; ma è su quella del neo dottor Campesan che mi vorrei soffermare con qualche considerazione, non solo l’ampio spazio dedicato da La Stampa del 31 dicembre scorso, ma anche perché vorrei porre l’attenzione sul fenomeno della popolazione carceraria che presenta molti problemi, a cominciare dal sovraffollamento e dalla promiscuità in senso lato. In particolare vorrei richiamare l’attenzione sull’immane numero dei detenuti innocenti che, dal 2002 ad oggi risultano essere 29 mila. Un popolazione, quest’ultima, della quale si parla poco ed ancor meno si fa per “liberarla” dall’ingiusta detenzione; per non parlare poi dei diritti dei detenuti per i quali non si fa molto per tutelare la loro dignità con azioni di recupero sociale, in quanto oltre al diritto alla pari dignità sociale, i detenuti hanno appunto diritto a ricevere un trattamento rieducativo, assicurato dall’art. 27 della Costituzione il quale prevede che il trattamento sarà individualizzato, ovvero approntato per le specifiche esigenze di trattamento del detenuto, che conserva così diritto alla propria personalità. A tal riguardo, si noti infatti come i detenuti hanno diritto ad essere chiamati col proprio nome e cognome (e non con un numero di matricola). Significativa, comunque, la presenza del Garante del Detenuto, figura di primo conforto ed assistenza come quella dei volontari di alcune associazioni che operano all’interno di alcune carceri con iniziative ludiche e soprattutto artistico-culturali. Ma il nostro Ordinamento giudiziario, come evidenziano da tempo le cronache, presenta lacune poiché non sono poche le ingiustizie come la persistente “non certezza della pena”, per non parlare del “malcostume” (mi si perdoni l’eufemismo) all’interno del CSM che, soprattutto in questi ultimi tempi, è salito agli onori della cronaca nera giudiziaria. Ora, il futuro in fatto di Giustizia è in parte affidato alle nuove leve (oltre al buon senso civico che gli italiani dovrebbero avere) dedite a dirimere assoluzioni e pene, in un mondo sempre più disturbato da ogni sorta di reato. Richiamando alcuni passi dell’illustre cattedratico e professore emerito di Diritto Penale dal 2011 Franco Coppi (1938), rivolgendosi a chi vuole intraprendere l’attività forense, dice bene quando precisa che per diventare un buon avvocato servono essenzialmente diligenza, conoscenza aggiornata della dottrina e della giurisprudenza, e un pizzico di genialità anche se non sempre necessaria. Sono doti decisamente fondamentali che, se ben espletate, possono determinare una buona difesa del proprio patrocinato. Ma purtroppo bisogna fare i conti con il perpetuarsi delle ingiustizie, sia perché determinate leggi per prevenire e punire certi reati non fungono nemmeno come deterrenti (vedasi ad esempio la legge n. 41 del 2016 per l’omicidio stradale, e il decreto legge n. 93 del 14/8/2013, (convertito in Legge n. 119 del 15/10/2013) per prevenire il femminicidio e proteggere le vittime, sia perché trovo incongruente (e iniquo) che chi svolge attività forense mantenga nel contempo ruolo di parlamentare… con il rischio delle più assurde conflittualità. Infine, l’avvocato Coppi non manca di precisare: «Conseguire la laurea in Giurisprudenza non è difficile. Difficilissima è la professione dell’avvocato al quale si richiede capacità di ricostruire i fatti e di saperli ricondurre nell’ambito di operatività delle norme di legge. Ma anche professione affascinante nella misura in cui ogni giorno ti porta a scoprire lati nuovi della vita e ti rende interprete del momento in cui vivi!». E alla luce di queste foriere affermazioni, mi verrebbe da chiedere quale potrebbero essere lo stato d’animo e la reazione di un penalista che ha visto condannare un suo assistito, in seguito riconosciuto totalmente innocente! Ecco che allora il bravo avvocato si trova a dover affrontare l’ingiustizia dell’ingiustizia. Un’ultima considerazione. Non sono certo io la persona più idonea ad affrontare i molteplici risvolti dell’attività forense, ma come osservatore delle problematiche sociali e come opinionista, ho creduto opportuno far conoscere le mie convinzioni… in difesa dell’onorabilità del buon avvocato e della dignità di chi ha subito un torto senza averne colpa.

La prima foto è tratta da La Stampa, la seconda da Il Bo Live Unipd

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