L’ARDUO CAMMINO DEL FAR BENE

Gli incomprensbili “ostacoli” delle Istituzioni tra demagogia e ipocrisia, e l’indifferenza di chi potrebbe ma non fa… Il paravento del denaro in difesa della propria coscienza

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Sul percorso del volontariato, incluso quello  “sostitutivo” alle Istituzioni, detto per inciso, ci sarebbero da fare molte considerazioni. Si sa i tempi cambiano e con essi anche gli umori, le scelte e gli atteggiamenti del prossimo, in quanto non si ravvisa più una certa omogeneità nel fare una buona azione, se non sostenuta da un corpus associativo e spesso su basi economiche… che la gran parte di queste sono sollecitate con iniziative varie. In questi ultimi anni (escluso l’attuale periodo pandemico) ho constatato più volte che quando si tratta di intraprendere azioni a sostegno e in difesa dei drammi sociali, il più delle volte si cade nella retorica e nella scarsa utilità, tant’è che tra queste ci sono molte ripetizioni e poca concretezza sia a livello collettivo che individuale. Ovviamente non intendo generalizzare, ma se faccio un raffronto con due-tre decenni fa le buone azioni verso il prossimo erano più fattibili, e molto meno erano le difficoltà nell’interpellare qualche P.A. per avere ragguagli, patrocini o sostegni vari. Oggi, più di ieri, ad ogni iniziativa si antepone il denaro mentre poco si considerano i requisiti delle capacità e competenze di chi intende prodigarsi per il prossimo. Va anche detto che la burocrazia e il senso di poca coscienza da parte delle Istituzioni sono un ulteriore “ostacolo”, tanto da far desistere ogni intendimento e/o azione generosa verso il prossimo. E a proposito di burocrazia, non mi risulta che uno o più cittadini abbiano intrapreso (a parte le inevitabili azioni legali) determinate e concrete azioni per affrontare questo incancrenito sistema che, per quanto lo si neghi, fa comodo alla politica e alla conduzione del Paese: basterebbe un po’ di buona volontà per attivare un processo di alienazione o riduzione al minimo degli iter burocratici, a cominciare da un ulteriore annullamento delle leggi obsolete per proseguire con il contrastare nepotismi e clientelusmi vari, sia in sede politica istituzionale che non. Personalmente mi sento “leso” in prima persona (giacché convivo con la collettività) in quanto non trovo interlocutori (nemmeno a livello ideale) dediti perlomeno all’ascolto dei drammi sociali, come appunto la burocrazia, quelli che riguardano i disabili, le persone con scarsissima cultura, le persone affette da malattie croniche, le persone detenute da innocenti, etc. La nostra evidentemente è una società sempre più arida in continua ascesa verso il consumismo e, sia pur considerando che ognuno può lamentare una propria situazione di disagio, credo che ciò non sia motivo sufficiente per non volgere un pensiero-commento verso chi versa in condizioni peggiori. Vi sono persone e famiglie con gravi problemi di salute, e queste sono più che giustificate nel dedicarsi a se stesse; ma sarebbe bene poterle individuare e offrire loro il proprio riferimento per quanto possibile… Il mio è quindi un vero e proprio “j’accuse” verso questa inerzia privata, pubblica in particolare per quanto riguarda la burocrazia, che dà soltanto ascolto ai mass media dediti alla cronaca e alla enfatizzazione, dai quali non si recepisce un suggerimento o un consiglio utili a sostegno delle vere cause. Si continua a parlare del cosiddetto terzo settore, di volontariato (Onlus e Odv), di buonismo e di altri concetti simili, ma in buona sostanza a me non risultano esserci in molti casi nè limpidezza e né conforto alcuno; anche se, ovviamente, sono da considerare e rispettare le dovute eccezioni.

Inoltre, ripeto, talvolta è possibile essere utili senza dover ricorrere necessariamente al denaro, perché vi sono situazioni in cui un consiglio pratico e soprattutto competente (spesso anche solo una buona parola al momento giusto) e messo in atto all’istante, può essere più risolutivo che un modesto “obolo”. Gravito nel sociale da molto tempo per scelta in gran parte in modo autonomo, e al mio prossimo non ho mai anteposto e posto il problema denaro; anzi, ho sempre cercato di evitare di ricorrere a tale mezzo offrendo le mie conoscenze e competenze in modo diretto, incondizionato e possibilmente in tempo reale… seguendo taluni casi anche per diversi anni consecutivi, soprattutto per questioni burocratiche e culturali. Insomma, ho sempre messo in pratica il concetto: “Armiamoci e partiamo”, mentre solitamente si tende al concetto: “Armiamoci e partite”. Queste due frasi apparentemente hanno un riferimento storico, ma nell’ambito dei drammi sociali rispecchiano assai bene la realtà attuale. Ecco che cammin facendo si incontrano fasce sociali al centro di drammi nei confronti dei quali le Istituzioni dovrebbero intervenire in modo più concreto, e non continuare ad elogiare persone ed azioni con riconoscimenti vari: medaglie, targhe, trofei, commemorazioni, etc. che lasciano il tempo che trovano. Evidentemente, nel riconoscere eroe tizio piuttosto che caio o sempronio, a mio avviso si confonde (e non poco) l’eroismo con quello antecedente l’Unità d’Italia; e questo, tende ad alleggerire la coscienza di chi potrebbe fare di più e meglio a tutela dei propri connazionali in condizioni di estrema necessità fisica e morale. Ma tant’é, la demagogia e l’ipocrisia sono un duplice “passepartout” (senza scadenza) disdicevole, che favorisce il libero accesso al sontuoso palazzo dell’indifferenza. Del resto, come sosteneva François-Marie Arouet, pseudomino di Voltaire (1694-1778), «Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto».

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