IL DIRITTO ALLA VITA A “DISCREZIONE” ALTRUI…

Inevitabile il riferimentio alla Genesi sulle origini dell’odio fraterno, e di conseguenza la continua soppressione della specie per mano violenta

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Forse è inutile illudersi, anzi è saggio e reazionale non illudersi proprio. L’uomo, in quanto animale dotato della ragione, pare perderla ogni giorno di più con le sue aberranti azioni contro i suoi simili, contro la Natura e persino contro sé stesso. Volendo idealmente girare il mondo, fatti, misfatti e nefandezze d’ogni genere ed entità lo caratterizzano al punto da non essere più Uomo perché molte delle sue azioni sono ben distanti da quelle compiute dagli animali, ma non perché questi ultimi non hanno la ragione ma perché il loro “saggio” istinto li porta ad affrontarsi unicamente per difendere la propria prole, le proprie conquiste per la sopravvivenza, il proprio territorio. Nella convinzione popolare, quando un essere umano compie un’azione indicibile verso altri esseri umani, spesso si sente dire: «Nemmeno un bestia farebbe un’azione del genere», ciò a dimostrazione che gli animali hanno sempre qualcosa da “insegnare” agli umani. Questo preambolo per richiamare l’attenzione sulle molte aggressioni ed altrettanti omicidi (anche i femminicidi peraltro in continuo aumento) che avvengono quasi ogni giorno, il più delle volte per futili motivi, ed altre volte per conflitti affettivi e famigliari, oltre che per interessi materiali ed economici. Ma perché si continua a delinquere tanto da infierire sulla vita altrui? E perché non bastano gli interventi delle Forze dell’Ordine? Del resto finché sono dedite prevalentemente alla repressione e non alla prevenzione le statistiche non registreranno mai la diminuzione dei casi… A conferma di ciò da tempo condanne e carcerazioni per molti non sono più un deterrente, anche perché coloro che delinquono (extracomunitari compresi) sanno bene che nel nostro Paese per molti casi non vi è certezza della pena, e i previsti tre gradi di giudizio spesso sono una sorta di garanzia per una consistente riduzione della pena stessa, oltre al fatto che costoro sono sicuramente privi di quel “credo” e quindi senza un minimo di Fede. Insomma, per loro la vita umana terrena, per quanto breve, è certa, mentre il dopo di essa è totale astrattismo. Sicuramente queste mie considerazioni sono state fatte più volte e approfonditamente da studiosi in materia filosofica, sociologica, antropologica, psichiatrica e teologica; un esercito di addetti ai lavori, si direbbe, ma nesuno di loro è addivenuto a spiegazioni razionalmente convincenti su certe azioni compiute dall’uomo e sulla continuità delle stesse: si pensi, ad esempio, a quanti despoti tiranni al mondo hanno vessato le popolazioni violando ogni sorta di diritto umano; autori dei più efferati genocidi.

E che dire degli effetti “mediatici” prodotti dai mass media quando per descrivere un reato efferato sono soliti imputare il gesto all’improprio “raptus di follia”? Insistentemente nei tribunali tale termine viene spesso invocato per “giustifcare” un omicidio e avere quindi una riduzione della pena; ma secondo gli esperti, quell’improvviso impeto di violenza incontrollabile non è poi così improvviso e tanto meno frequente e, se avviene, sovente è preceduto da segnali premonitori e fattori predisponenti.  È quindi forse il caso di fare riferimento alla Genesi con l’esempio di Caino che ha ucciso (pare per invidia e gelosia) il fratello Abele? A riguardo Enzo Biagi (192o – 2007) sentenziava: «Siamo tutti fratelli, ma è difficile stabilire chi è Caino e chi è Abele». Ma basterà questo esempio per “giustificare” l’inizio dell’odio tra esseri umani? Forse no, ma sta di fatto che a tutto c’è un inizio e una continuità, ma la fine non è data a sapere. È noto che la psiche umana è un “affascinante” labirinto in gran parte ancora insondabile e incomprensibile, e che quindi rientra in uno dei primissimi misteri dell’esistenza, misteri che non si potranno mai svelare, pena la sussitenza degli stessi; ma ciò non toglie che non si continui nella ricerca con lo scopo di prevenire le malvage e disumane azioni. Con queste brevi considerazioni non ho certo la presunzione di essere l’unico a cui sta a cuore l’intento di capire e condannare le così tante e inevitabili assurdità, ma offrire un modesto contributo volto a sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno che potenzialmente include tutti noi. La preziosità della vita terrena, come dono, è  tale e irrinunciabile; ma il più delle volte, come sosteneva il drammaturgo francese Henri Becque (1837-1899): «Gli uomini si lamentano dell’ingiustizia e degli abusi fino a quando non riescono a conquistarsi la forza. Non appena questa forza è nelle loro mani, essi se ne servono per commettere ingiustizie ed abusi».

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