Il mondo è anche delle donne? La domanda non è scontata come ci dimostra la morte di Mahsa Amini

Il caso dell’iraniana Mahsa Amini richiama con insistenza il rispetto di un diritto umano,  ancora negato in Paesi islamici come l’Iran dove il velo rappresenta la “pietra dello scandalo”. Ma ora le cose stanno cambiando grazie anche ai movimenti di opinione.

di Ernesto Bodini (giornalista )

Il mondo è anche delle donne? Perché no? Non sono domande scontate ma della più vivida concretezza per l’uguaglianza universale, anche se in alcuni Paesi orientali la realtà presenta differenze di genere a dir poco riprovevoli. Quindi, con altrettanta obiettività, purtroppo bisogna ammettere che a livello globale ci sono Paesi come l’Iran in cui la discriminazione nei confronti delle donne ha risvolti drammatici. Ultimo dal punto di vista dell’attualità il caso dell’iraniana 22 enne Mahsa Amini, morta il 16 settembre scorso a Theran, dopo essere stata arrestata dalla polizia perché non portava il velo in modo corretto. Da tempo siamo entrati nel XXI secolo ma ciò nonostante nella mentalità e nella cultura di quel Paese (come anche di qualche altro) il loro credere e modo d’essere, peraltro ispirato anche dalla loro Religione (prevalentemente musulmana), non dà requiem alle donne, a cominciare dall’ormai “fatidico” velo in quanto è sempre stato simbolico: prima venivano picchiate per strada per farglielo togliere, ora rischiano il carcere e anche la vita se non lo indossano in modo adeguato. Ma ora le cose stanno cambiando, come sostiene la fotografa Mozhde Nourmohammadi, che è stata ospite il 30 settembre scorso al Festival Internazionale di Ferrara. Lasciò l’Iran per studiare all’Accademia di Belle Arti di Bologna a 22 anni, proprio all’età di Mahsa Amini. Intervistata da un quotidiano ha spiegato: «Se togli la vita a una persona per il velo, ovvio che la gente protesta: non può essere un motivo per ammazzare qualcuno… In realtà ci sono stati sempre motivi di protesta delle donne iraniane, ma mai così come adesso. Sono morte e sono state arrestate molte persone in tempi diversi. Adesso Mahsa è il nostro simbolo di giustizia, portando in discussione le leggi che creano problemi al popolo». In effetti il velo non è l’unico problema, in quanto lo è in parte, è uno dei simboli più importanti della rivoluzione, ossia qualcosa che può separare  o distinguere la donna orientale da quella occidentale; tant’è che in alcune regioni del mondo la strada per le donne è in salita fin dalla nascita, e le difficoltà continuano sotto tutti gli aspetti. Insomma, le disuguaglianze di genere restano un problema a scala globale, anche se assumono sfumature diverse in contesti sociali, economici e culturali diversi. Probabilmente anche per via di questa diversità che è difficile intraprendere azioni efficaci a scala globale per favorire la transizione  a una significativa parità di genere.

A seguito di quest’ultimo episodio che ha portato all’uccisione  di Masha, anche in Italia non sono mancate iniziative di contestazione, sollevando la più profonda indignazione come quella espressa dalla Associazione Italiana Donne Medico (AIDM), che in comunicato stampa del 29 settembre scorso, ha affermato: «L’AIDM esprime piena solidarietà alle donne iraniane che in questi giorni protestano per la morte della studentessa 22enne, Mahsa Amini, mentre era sotto custodia della polizia morale di Theran, e condanna con sdegno la violenza esercitata sulle donne dallo Stato iraniano. Le donne iraniane sono imbrigliate in un reticolo di regole, pratiche e divieti, di repressione e di terrore, che nulla hanno a che vedere con il concetto di “specificità culturali” con cui si cerca di truccarli agli occhi del mondo intero». Altre manifestazioni sono avvenute a Roma, dove una maratona di giovanissimi ha espresso la sua vicinanza anche con il taglio dei capelli di alcuni manifestanti; altri portavano su magliette o cartelli il nome di Mahsa Amini, e tanti i cartelli contro “l’Iran teocratico”, ricordando che “Nessuno è libero se qualcuno è oppresso”. A Bologna la manifestazione ha avuto per slogan “Donna, vita, libertà” rispondendo all’appello globale di protesta contro il regime in Iran, tant’è che in centinaia sono scesi in piazza del Nettuno per una manifestazione organizzata dai ragazzi e dalle ragazze iraniane e curde, residenti nel capoluogo emiliano, sostenuto da diversi collettivi. A Napoli una manifestazione pacifica contro gli omicidi e le violenze sulle donne in Iran si è tenuta al teatro Viviani, si è espressa con ciocche di capelli depositate da coloro che si sono uniti alla protesta, che sono state consegnate all’ambasciata della repubblica Islamica dell’Iran in segno di protesta. A Piacenza una teca trasparente, dove tutte le persone che hanno voluto testimoniare solidarietà nei confronti delle donne iraniane, hanno potuto lasciare  una ciocca di capelli annodata con lo spago; una iniziativa lanciata dal Comune con lo slogan “Una ciocca per Mahsa Amini”. Riprendendo il comunicato stampa della AIDM, il testo prosegue: «Le donne iraniane, insieme a molti uomini iraniani, protestano contro l’ingiustizia quotidiana a cui ogni donna iraniana è soggetta, in una nazione in cui una giovane donna può essere ammazzata per non aver sufficientemente coperto i capelli. L’AIDM condanna con determinazione la violenta risposta del regime iraniano e ritiene  opportuno l’intervento delle Organizzazioni Internazionali, che a tutt’oggi restano in silenzio e a cui si chiede con urgenza un intervento a difesa dei diritti umani che in Iran sono quotidianamente violati».

Intanto in Iran

Come si rileva da una nota Ansa, alcune Università hanno iniziato a protestare a livello nazionale con sit-in e scioperi unendosi alle dimostrazioni, in corso da oltre due settimane, per Mahsa Amini. L’iniziativa è nata in seguito a una campagna lanciata da studenti universitari che hanno invitato a boicottare le lezioni on-line in tutto il Paese. Coinvolti nelle proteste gli studenti delle Università di Scienza e Tecnologia, Beheshti e Kharazmi nella capitale di Teheran; mentre partecipano all’iniziativa anche atenei di Mashhad, Zanjan, Shiraz, Karaj, kerman e molte altre città. Il Governo ha annunciato che nelle maggiori Università le lezioni si sarebbero tenute on-line per limitare la possibilità che gli studenti si radunassero per partecipare a proteste; tuttavia le dimostrazioni sono continuate in tutto il Paese per quindici notti consecutive, non solo a Teheran ma anche a Karaj, Ilam, Kermanshah, Kerman, Rasht, Ahwaz, Dezful, Mashhad, Orumiyeh e Bukan, ne sud est del Paese dove ci sono stati duri scontri con la polizia che ha ucciso decine di dimostranti.

IN THE “ASSIDUAL” SEARCH FOR EQUALITY

The case of the Iranian Mahsa Amini insistently calls for respect for a human right, which is still denied in Islamic countries such as Iran where the veil represents the “stone of scandal”. But now things are changing thanks also to the movements of opinion.

by Ernesto Bodini (journalist and biographer)

Does the world also belong to women? Why not? These are not obvious questions but of the most vivid concreteness for universal equality, even if in some Eastern countries the reality presents gender differences that are reprehensible to say the least. So, with equal objectivity, unfortunately we must admit that globally there are countries like Iran where discrimination against women has dramatic implications. The latest from the current point of view is the case of 22 year old Iranian Masha Amini (pictured), who died last September 16 in Theran, after being arrested by the police because she did not wear the veil correctly. For some time we have entered the 21st century but nevertheless in the mentality and culture of that country (as well as of some others) their belief and way of being, also inspired by their religion (predominantly Muslim), does not give requiem to women, starting with the now “fateful” veil as it has always been symbolic: before they were beaten in the street to have it removed, now they risk prison and even their life if they do not wear it properly. But now things are changing, as he claims the photographer Mozhde Nourmohammadi, who was a guest at the International Festival of Ferrara on September 30th. She left Iran to study at the Academy of Fine Arts in Bologna at the age of 22, just at the age of Masha Amini. Interviewed by a newspaper she explained: “If you take the life of a person for the veil, it is obvious that people protest: it cannot be a reason to kill someone … In reality there have always been reasons for protest by Iranian women, but never co yes like now. Many people died and were arrested at different times. Now Mahsa is our symbol of justice, bringing into question the laws that create problems for the people ». In fact, the veil is not the only problem, as it is in part, it is one of the most important symbols of the revolution, that is, something that can separate or distinguish the Eastern woman from the Western one; so much so that in some regions of the world the road for women has been uphill since birth, and the difficulties continue in all respects. In short, gender inequalities remain a problem on a global scale, even if they take on different shades in different social, economic and cultural contexts. Probably also due to this diversity that it is difficult to take effective action on a global scale to facilitate the transition to significant gender equality.

Following this latest episode that led to the killing of Masha, even in Italy there are no lack of protest initiatives, raising the deepest indignation such as that expressed by the Italian Association of Medical Women (AIDM), which in a press release of 29 September last, he stated: “The AIDM expresses full solidarity with the Iranian women who are protesting the death of the 22-year-old student, Masha Amini, while she was in the custody of the moral police of Theran, and condemns with disdain the violence exercised on women by the Iranian state. Iranian women are entangled in a network of rules, practices and prohibitions, of repression and terror, which have nothing to do with the concept of “cultural specificity” with which they try to make them up in the eyes of the whole world ». Other demonstrations took place in Rome, where a very young marathon expressed its closeness also with the hair cut of some demonstrators; others carried the name of Masha Amini on T-shirts or placards, and many placards against “theocratic Iran”, recalling that “No one is free if some are oppressed“. In Bologna the demonstration had as its slogan “Woman, life, freedom” responding to the global protest appeal against the regime in Iran, so much so that hundreds took to Piazza del Nettuno for a demonstration organized by Iranian boys and girls and Kurds, residing in the Emilian capital, supported by various collectives. In Naples, a peaceful demonstration against the murders and violence against women in Iran was held at the Viviani theater, expressed with locks of hair deposited by those who joined the protest, which were delivered to the embassy of the Islamic republic of ‘Iran in protest. In Piacenza a transparent case, where all the people who wanted to show solidarity with Iranian women, were able to leave a lock of hair knotted with string; an initiative launched by the Municipality with the slogan “A lock for Masha Amini“. Taking up the AIDM press release, the text continues: “Iranian women, along with many Iranian men, protest against the daily injustice to which every Iranian woman is subject, in a nation where a young woman can be killed for not having sufficiently covered the hair. AIDM strongly condemns the violent response of the Iranian regime.

Meanwhile in Iran

As noted by an Ansa note, some universities have begun to protest nationwide with sit-ins and strikes, joining the demonstrations, which have been going on for over two weeks, for Masha Amini. The initiative was born as a result of a campaign launched by university students who invited to boict online lessons throughout the country. Involved in the protests are the students of the Universities of Science and Technology, Beheshti and Kharazmi in the capital of Tehran; while universities in Mashhad, Zanjan, Shiraz, Karaj, Kerman and many other cities also participate in the initiative. The government announced that lectures in major universities would be held online to limit the possibility that students would gather to participate in protests; however the demonstrations continued throughout the country for consecutive nights, not only in Tehran but also in Karaj, Ilam, Kermanshah, Kerman, Rasht, Ahwaz, Dezful, Mashhad, Orumiyeh and Bukan, in the south east of the country where they were fierce clashes with the police that killed dozens of demonstrators.

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