LA PUBBLICITÀ COME VEICOLO DI SICURE VENDITE

Ma molto disatteso il “corpus messaggistico” non sempre in linea per il rispetto della psiche umana

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Non bastano le notizie di cronaca nera e mondana a disturbare gli animi della popolazione: anche la pubblicità fa la sua parte, e non poco. È il continuo bombardare il potenziale fruitore di proposte con il “tu” confidenziale (“appropriazione indebita”) e l’imposizione nel presentare questo o quel prodotto per un acquisto magari anche immediato… senza tentennamenti e, in caso di incertezza, lo o la speaker incalzano affermando il classico «Acquista tre al prezzo di due» e, se come non bastasse, il suggerimento in cifre, ad esempio: «Al prezzo di euro 1.990, 29,999, 51.995», etc. Evidentemente, secondo i committenti suggeriti dai pubblicitari (in parte pseudo economisti di marketing) tali messaggi dovrebbero essere recepiti dal consumatore con l’idea (falsa) di fare un acquisto ad un prezzo ribassato e quindi più conveniente; mentre in realtà il più delle volte a mio avviso si tratta di una sorta di “stimolo matematico” avvalorato da una pia illusione… non vedo il vantaggio anche psicologico del risparmio di un centesimo di euro! È pur vero che in certi casi e per taluni prodotti si può intravedere una convenienza, ma nello stesso tempo lo specchietto per le allodole è sempre in agguato… Il fatto che la pubblicità televisiva di prodotti commerciali, e altro, sia continuamente intervallata tra un programma e l’altro è una coercizione che in qualche modo va a disturbare la mente umana, la cui attenzione è continuamente distolta persino dal reale quotidiano. Forse noi non ce ne accorgiamo ma tutti questi messaggi sono paragonabili a delle micro bombe psicologiche che, nei casi in cui il fruitore (telespettatore in questo caso) deve centellinare prima di decidere se fare un determinato acquisto, obtorto collo suo malgrado fa quell’acquisto tanto “invitante” per l’importo sollecitato credendo di spendere di meno… Per quanto legale ed autorizzata questa forma di pubblicità, a mio avviso, di fatto è sottilmente ingannevole, per non parlare (eccezioni a parte) della assenza di purezza e signorilità che, quando presenti, sono camuffate dai protagonisti degli spot spesso in versione femminile (e questo non è certo un caso) le cui performance peraltro sono a volte assai patetiche. E qui non si tratta di pudore o meno, ma di convincere il fruitore-acquirente (maschile) “stuzzicando” la sua fantasia che, se non è lussuriosa, poco ci manca. Un esempio che vale per tutti la pubblicità di alcune ditte che vendono materassi, il cui spot filmico è solitamente recitato da belle e giovani donne che, per dimostrare la bontà del prodotto, si girano e rigirano in pigiama mini su quel materasso… Quindi, perché non fare esibire un soggetto maschile? Forse perché si venderebbero meno materassi? Potrei citare altri esempi analoghi ma rischierei di urtare ulteriormente la suscettibilità dei produttori, dei pubblicitari e persino di chi si presta a presentare i prodotti stessi. Resto ulteriormente perplesso del fatto che non si hanno commenti da parte di sociologi e psicologi (non ne ho mai letto uno), solitamente deputati a “scandagliare” la mente e l’animo umano, probabilmente perché non hanno alcun interesse o perché esprimersi è per loro una perdita di tempo…; già, perché se non non c’è un ritorno materiale o anche di immagine, non conviene a nessuno criticare un aspetto sociale della comunicazione come questo tipo di pubblicità. Del resto non occorre una laurea per esprimersi in tal senso. Eppure, mi si creda, se si analizzasse a fondo e con la massima obiettività questo problema, potremmo dedurre che anche il messaggio pubblicitario in parte subliminale e in parte particolarmente esplicito, può comportare qualche reazione apparentemente innocua ma in realtà a volte anche deleteria… la fantasia umana è illimitata!

Inoltre, quale osservatore critico (ma costruttivo) e divulgatore anche delle minime cose (preludio al desistere da quelle più fantasiose ed irruenti), mi sono anche chiesto quali possano essere le ragioni che inducono taluni/e a candidarsi per recitare questo o quello spot pubblicitario: per denaro, per esibizionismo o per l’illusione di varcare la soglia del palcoscenico? Forse di tutto un po’, ma comunque sia ogni decisione ha il relativo “peso” sulla propria coscienza che, in bene o in male, non conosce tempi e confini. Per concludere. Se la storica e più “innocua” pubblicità del Cynar (autore Ernesto Calindri): «Contro il logorio della vita moderna», o la più innocente: «Basta la parola.  Confetto Falqui» (ritenute superate), non è detto che le versioni moderne che hanno spodestato quelle di un tempo, siano più rispondenti al fabbisogno del consumatore, dandogli l’illusione di risparmiare (con un centesimo in meno) e di aver fatto un acquisto più vantaggioso. Ed è pur vero che, come si dice, la pubblicità è l’anima del commercio, ma è altrettanto vero che il consumatore va “guidato” in modo più trasparente e soprattutto più genuino.

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