4 Apr 2023

Di api senzienti e piante che “parlano” fra loro – #703

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Due nuovi studi mostrano come le piante siano in grado di comunicare fra loro in maniera abbastanza complessa con degli ultrasuoni e che le api provano hanno un livello di consapevolezza di sé imprevedibile. Parliamo anche dell’attentato a San Pietroburgo in cui è stato ucciso un blogger filoputiniano, del garante della Privacy italiano che ha bloccato ChatGpt, con una decisione destinata a far discutere, delle elezioni in Finlandia e Montenegro, del calo della produzione di petrolio, dell’aumento delle rinnovabili in India, di chi ha rispettato e chi non ha rispettato gli accordi di Glasgow sul clima. E ancora delle elezioni in Friuli Venezia Giulia, del referendum sui monopattini a Parigi, e ancora di altro.

Voglio iniziare in maniera un po’ irrituale, con due notizie che non troverete sulle prime pagine dei giornali ma che ho trovato davvero molto interessanti, e che penso ci dicano qualcosa di nuovo sul mondo, che non conoscevamo. La prima riguarda le piante, la seconda le api. Un nuovo studio ha scoperto – o meglio rinforzato alcune scoperte – sul fatto che anche le piante subiscono le conseguenze negative dello stress e cercano il conforto delle piante vicine attraverso un “linguaggio” specifico appena scoperto dagli scienziati.

Ne parla, fra gli altri, Sabrina del Fico su GreenMe. Secondo i ricercatori dell’Università di Tel Aviv tutte le piante sarebbero in grado di emettere degli ultrasuoni (impercettibili dall’orecchio umano) simili a delle grida, che diventano più frequenti quando le condizioni di stress diventano intollerabili. Quando le piante sono in condizioni ottimali, producono meno di un suono all’ora, ma quando sono stressate da un trauma o dalla carenza di acqua questi suoni possono arrivare anche a trenta o cinquanta. Si tratta di vere e proprie richieste di aiuto, secondo gli autori dello studio, soprattutto perché altre specie vegetali nei paraggi sono in grado di recepirle e di rispondere ad esse.

Ciò che ha affascinato i ricercatori è stato il fatto che la natura di questi suoni è diversa a seconda del bisogno espresso dalle piante, dimostrando che non si tratta di una generica richiesta di aiuto ma della comunicazione di un disagio specifico. Insomma, le piante sembrerebbero avere una sorta di linguaggio. In realtà non ci sono prove sul fatto che questi suoni siano un tentativo di comunicare o che abbiano delle funzioni specifiche, ma mi sembra un campo molto affascinante su cui indagare e che apre un sacco di interrogativi e scenari nuovi. 

Resta da capire se anche alcune specie animali in grado di percepire gli ultrasuoni – come per esempio i pipistrelli, i topi e altri piccoli mammiferi – possano percepire e abbiano qualche reazione ad esse.

CONTRIBUTO AUDIO DEL PROF. GIUSEPPE BARBIERO

La seconda notizia riguarda invece le api. La prendo da un articolo di Annette McGivney sul Guardian che annuncia l’uscita di un libro che promette di rivoluzionare quello che sappiamo sulle api. Il libro sostiene che le api possono mostrare emozioni sofisticate che assomigliano all’ottimismo, alla frustrazione, alla giocosità e alla paura, caratteristiche più comunemente associate ai mammiferi. Gli esperimenti hanno dimostrato che le api possono sperimentare sintomi simili al PTSD (disturbo post traumatico da stress), riconoscere diversi volti umani, elaborare ricordi a lungo termine durante il sonno e forse anche sognare.

Il libro è opera di uno scienziato che si chiama Steven Buchmann e s’intitola What a Bee Knows: Exploring the Thoughts, Memories and Personalities of Bees, si basa sulle sue ricerche e su decine di altri studi per dipingere un quadro straordinario del comportamento e della psicologia delle api. 

Mi sembra che questo studio, e forse un po’ anche il precedente, aprano dei nuovi squarci sul fenomeno della coscienza, dell’auto-consapevolezza, che potrebbe essere un fenomeno molto più vasto in natura di quello che abbiamo sospettato fin qui. Squarci che fanno sorgere nuove domande etiche, e anche nuovi interrogativi sul presente e sul futuro. Ne riparliamo, promesso.

Proseguiamo con la notizia che sta tenendo banco di più sui quotidiani fra ieri e oggi, che arriva dall’Ucraina. È stato ucciso in un attentato a San Pietroburgo un blogger considerato molto vicino a Putin. 

Si tratta del famoso blogger Vladlen Tatarsky, che i giornali definiscono nelle maniere più svariate, da blogger militante e propagandista filoputiniano (il Post) a Ultrà di Putin (La Stampa) e tutte le sfumature del caso, nel mezzo. 

In pratica c’è stata un’esplosione domenica in un bar di San Pietroburgo, in Russia, Food Bar #1, un locale nel centro di San Pietroburgo dove in quel momento si stava tenendo un evento in suo onore organizzato dai membri del canale Telegram filorusso “Cyber Front Z”. Sono state ferite circa trenta persone: all’evento ce n’erano in tutto un centinaio.

“Tatarsky,  pseudonimo di Maksim Fomin – riporta il Post – aveva circa 560 mila follower sul suo canale Telegram ed era uno dei cosiddetti “blogger militari”, noti anche come “milblogger”, cioè propagandisti filoputiniani che diffondono su Telegram informazioni e commenti a favore dell’intervento militare russo in Ucraina. Tatarsky era stato più volte in Ucraina orientale a seguito dell’esercito russo e aveva posizioni durissime ed estremiste: era arrivato a sostenere che chiunque indossasse una divisa dell’esercito ucraino andasse ucciso, e che il governo dell’Ucraina andasse eliminato. Aveva anche giustificato e sostenuto il massacro di Bucha, in cui l’esercito russo aveva ucciso oltre 400 civili ucraini”.

Le autorità russe hanno aperto un’indagine per omicidio e ieri è stata arrestata una giovane donna, Darya Trepova, che in precedenza era già stata arrestata per aver partecipato a manifestazioni contro la guerra in Ucraina. Non è ancora del tutto chiaro come siano andate le cose, ma l’ipotesi più probabile è che l’esplosione che ha ucciso Tatarsky sia stata provocata da una bomba contenuta in una statuetta (il busto di un soldato, forse raffigurante Tatarsky stesso) che gli era stata consegnata durante l’evento. 

Secondo alcuni testimoni, la donna si sarebbe presentata come una scultrice che voleva fare un regalo a Tatarsky, ma che la sicurezza non le lasciava portare all’interno del locale la sua statua. Tatarsky a quel punto le avrebbe fatto portare la statua dentro, e l’avrebbe aperta in presenza di tutti, generando l’esplosione. La donna avrebbe anche confermato questa dinamica in un video dell’interrogatori diffuso dalle autorità russe (ma in questi casi il condizionale è d’obbligo).

Se queste ipotesi fossero confermate, si tratterebbe di un attacco deliberato e ben studiato che aveva come obiettivo proprio l’uccisione di Tatarsky.

Sull’origine dell’attacco, per adesso si possono solo fare delle ipotesi. Quella che al momento appare come più probabile, che è stata anche citata esplicitamente dalle autorità russe, è che ci sia dietro l’intelligence ucraina. Ipotesi non così improbabile visto che è già successo con il caso di Darya Dugina, la figlia del famoso propagandista Alexander Dugin. Allora il governo ucraino negò ogni collegamento con l’attentato, ma fu smentito mesi dopo dall’intelligence statunitense, che fece sapere che l’attacco era stato ordinato dall’Ucraina e criticò duramente l’operazione.

Anche adesso il governo ucraino ha negato ogni responsabilità, ma ecco, non possiamo prenderla come una prova.

Poi, ci sono altre due ipotesi, come scrive su Repubblica Daniele Raineri: una (che non esclude la prima) è che si tratti di un attentato della resistenza interna russa, cioè delle persone russe contrarie al regime di Vladimir Putin e alla guerra (il Cremlino stesso ha detto che i mandanti potrebbero essere i servizi ucraini aiutati da Navalny). L’altra è Tatarsky sia stato ucciso da rivali interni al regime o all’esercito, viste le sue posizioni recentemente molto critiche sull’andamento della guerra. Ne riparliamo, sicuramente.

La notizia è di qualche giorno fa, ma è molto importante per cui dobbiamo recuperarla. Venerdì il garante della privacy italiano ha bloccato il Chatbot di intelligenza artificiale ChatGPT, di cui abbiamo parlato anche di recente, finché non rispetterà la disciplina privacy. Lo ha fatto con effetto immediato, tant’è che OpenAI, la società che ha sviluppato l’applicazione, ha già disattivato il servizio nel nostro paese. In altre parole, se provate ad accedere adesso alla pagina di ChatGPT vi dice che il servizio è disabilitato in Italia.

Come mai è successa questa cosa e che succede adesso? Nel provvedimento, il Garante cita una serie di questioni: 

  • la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI. Cioé, mi spiego: io posso chiedere al sistema informazioni su qualsiasi persona e lui andrà a prendere informazioni sul suo database, che è una copia di miliardi di pagine Internet, nelle quali può attingere informazioni su quella persona senza che essa sia informata, per così dire.
  • l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali. È vero che tutte le informazioni che trova sono informazioni – credo – accessibili a chiunque, quindi pubbliche, ma la possibilità di accedervi e di riorganizzare quei dati in maniera strutturata è una cosa relativamente nuova. Dico relativamente, perché c’è una zona d’ombra in cui già oggi le aziende trafficano immensi database di dati per profilare utenti e vendere servizi. Non so quanto questa roba sia concettualmente diversa.
  • l’inaccuratezza. Ovvero, Chatgpt potrebbe dare risultati inesatti su una persona. E per esperienza personale, lo fa spesso. Qualche sera fa per divertimento le chiedevo informazioni su di me e suoi miei colleghi e colleghe di ICC e venivano fuori cose assurde. Io ero stato direttore del fatto Quotidiano. Daniel Tarozzi era il fondatore di non ricordo quale movimento, Paolo Cignini addirittura di un partito politico, Daniela Bartolini era una nota foodblogger e cose di questo genere.  
  • Infine sollevava una questione di contenuti adatti all’età. La chat non ha nessun filtro in tutela di utenti più piccoli.

Ora, il blocco ha sollevato una levata di scudi da parte di buona parte del mondo digitale italiano, che ha bollato questa cosa come anacronistica. Di certo il fatto che un unico paese blocchi ChatGPT (sospetto in maniera temporanea) non ha molto impatto ad esempio sulla ricerca, ma a mio avviso è un altro segnale a rallentare e riflettere, dopo la lettera di qualche giorno fa di Musk, harari ecc che commentavamo assieme. A riprova che sia una mossa in qualche misura sensata, arriva il commento di Salvini, che contesta la decisione dichiarandosi contro “ogni censura e per il libero pensiero”. Quindi, immagino, per Salvini l’AI è già oggi senziente (forse sa qualcosa che non sappiamo).

Sembra esservi stata anche una qualche apertura da parte di OpenAi alle richieste del Garante della Privacy. Si legge nella nota: “Riteniamo inoltre che la regolamentazione dell’Ai sia necessaria. Speriamo quindi di poter lavorare al più presto stretto contatto con il Garante per spiegare come i nostri sistemi siano costruiti e utilizzati”.

Vediamo come si evolve tutta la situazione. Ad ogni modo, in seguito a un confronto con la redazione e a una chiacchierata con un mio caro amico, che è anche diciamo interno al settore, nel mondo digital, ho pensato di seguire di più i vari sviluppi dell’intelligenza artificiale perché mi pare che stia diventando uno dei temi centrali del presente e del futuro. Che ne dite? Vi interessa?

Ci sono state le elezioni in due paesi nel weekend. In Finlandia e Montenegro.

In Finlandia si è votato domenica per le elezioni parlamentari e ha vinto il centrodestra, mentre è arrivata solo terzo il partito della premier uscente Sanna Marin. I primi tre partiti sono arrivati comunque molto vicini. Il primo è stato il Partito di Coalizione Nazionale, di centrodestra, seguito dai Finlandesi, partito populista di estrema destra e terzi i Socialdemocratici della prima ministra uscente Sanna Marin, che aveva vinto le elezioni del 2019, e che governava alla guida di una coalizione di centrosinistra.

La cosa particolare è che Sanna Marin è molto popolare in Finlandia e il suo partito è andato meglio che alle ultime elezioni, ma ancora meglio sono andati i due partiti di destra, mentre sono molto ridimensionati i partiti minori, soprattutto di sinistra e i verdi. Probabilmente, visto che la prassi dice che il premier viene scelto nel partito più votato, sarà Petteri Orpo, leader del PCN, il prossimo primo ministro finlandese, ma dovrà prima trovare una maggioranza che lo sostenga. E in pratica dovrà decidere se fare un’alleanza più al centro, con i socialdemocratici, o fortemente spostata a destra, con i Finlandesi. 

In Montenegro invece si votava sempre domenica il ballottaggio delle presidenziali. Sono elezioni considerate meno importanti perché il Presidente del Montenegro non ha un ruolo politico ma più di rappresentanza, però possono dare delle indicazioni sulle elezioni politiche che invece si terranno a giugno. Il presidente uscente Milo Djukanovic, di centro-sinistra, considerato il politico più influente del paese degli ultimi trent’anni, è stato sconfitto dall’ex ministro dell’Economia Jakov Milatovic, più giovane di 25 anni (ne ha solo 36), espressione dal partito centrista ed europeista Europa adesso! che in campagna elettorale ha promesso di impegnarsi nella lotta alla corruzione, di rafforzare i rapporti con la Serbia (da cui il Montenegro ottenne l’indipendenza nel 2006) e di far entrare il paese nell’Unione Europea entro la fine del suo mandato quinquennale. 

Andiamo un po’ veloci su diverse notizie interessanti che riguardano la transizione ecologica. Lorenzo Tecleme su Valori illustra il nuovo report della ong Oil Change International che indaga quali impegni e azioni concrete hanno fatto i paesi che hanno firmato l’accordo di Glasgow 3 anni fa per tener fede alle proprie promesse soprattutto nel non finanziare più direttamente o indirettamente le fonti fossili.

Ne emerge un mosaico chiaro-scuro, con alcuni paesi come Regno Unito, Francia, Canada, Finlandia, Svezia, Danimarca e Nuova Zelanda, e un’istituzione finanziaria internazionale come la Banca Europea degli Investimenti hanno effettivamente adottato policy che rispettano i criteri decisi in Scozia. Altre come Spagna, Svizzera, Olanda e Belgio che hanno adottato regolamenti che limitano l’accesso al credito per i settori da penalizzare, ma non rispettano la deadline prefissata al 2022 e lasciano margini di manovra per eludere le regole e infine altri ancora che non hanno approvato nessun nuovo regolamento in materia, come Stati Uniti, Germania e – ahinoi – Italia.

A mitigare in parte queste politiche miopi di alcuni paesi arrivano, per motivi tutt’altro che nobili, i paesi produttori di petrolio, che hanno annunciato il taglio di 1,15 milioni di barili al giorno (circa l’1% della produzione mondiale) per tenere alti i prezzi del carburante, che sono in calo rapido dopo la crisi bancaria delle settimane scorse. 

Infine, ultima notizia a tema energia, l’India ha annunciato un mastodontico piano di installazione di energie rinnovabili. Dopo aver mancato l’ambizioso obiettivo per il 2022, che mirava ad installare 175 GW di nuova capacità rinnovabile, il governo di Nuova Delhi ha presentato un nuovo programma di gare d’appalto per un totale cumulato di 50 nuovi GW di capacità rinnovabile da assegnare nel breve periodo. 

E inoltre promette gare da 50 GW ogni anno fino al 2028. In altre parole l’India prevede di installare altri 250 GW di potenza elettrica pulita entro la fine del decennio, puntando su eolico, fotovoltaico, bioenergie, impianti con batteria integrata per una fornitura costante e sistemi ibridi.

Il che – credo – è una buona notizia, pur con tutte le contraddizioni del caso. Nel senso che sappiamo – ce lo raccontava ad esempio la giornalista XXX nella puntata di INMR+ dedicata all’India – di come la gestione della transizione energetica nel paese sia piena di contraddizioni. Per cui, prendiamola con cauto e moderato ottimismo. Perché pur con tutte le contraddizioni del caso, questa roba dovrebbe andare a sostituire il carbone (da cui al momento si producono poco meno di 250 GW di energia).

  • Si è votato in Friuli Venezia Giulia, alle regionali e in qualche comune, e i dati pi+ interessanti sono due. Il primo – che ve lo dico a fare – è che l’affluenza continua ad essere in calo, piuttosto bassa, parliamo di circa il 45% degli aventi diritto contro il 49% della scorsa volta. la seconda è che alle regionali ha stravinto – per quanto questo termine abbia un senso con percentuali così basse – ed è stato quindi riconfermato Massimiliano Fedriga, della Lega, descritto com un amministratore pragmatico e che alcuni ritengono un possibile erede/rivale di Salvini alla guida nazionale del partito.
  • A Parigi c’è stato un referendum sui monopattini elettrici in città e “L’89% degli elettori ha votato per eliminarli. La sindaca Anne Hidalgo ha accolto con favore l’esito e ha detto che darà seguito alla cosa. Il motivo del referendum è quello che molti hanno definito L’uso sconsiderato dei monopattini da parte di turisti e residenti, con frequenti incidenti e caos sui marciapiedi. In più, secondo i detrattori (scusate ma non ho dati oggettivi in mano quindi mi limito a riportare un punto di vista) i monopattini sarebbero una pessima soluzione anche dal punto di vista ambientale perché sarebbero tenuti e usati male e avrebbero un ricambio molto alto. D’altra parte, va detto che ha votato solo il 7% degli aventi diritto, era un referendum solo consultivo e quindi è possibile (probabile?) che abbia votato solo chi era contrario e quindi particolarmente motivato. Quindi bisognerebbe anche chiedersi: che valore ha questo voto?
  • Segnalo un articolo di Lifegate che racconta la storia di Benard Kioko Ndaka, attivista kenyano di trent’anni che vuole piantare un milione di alberi, e anche favorire la riforestazione educando i giovani alla conservazione. 
  • Segnalo anche un articolo del Post che fa il bilancio del primo anno da presidente del Cile di Gabriel Boric, giovane, di sinistra, espressione dei movimenti sociali. Boric, scrive l’articolo, ha chiuso il primo anno del suo mandato con dei bassissimi indici di popolarità e due grossi fallimenti: la bocciatura della nuova Costituzione che avrebbe dovuto sostituire quella adottata ai tempi della dittatura, e la bocciatura della riforma fiscale che avrebbe dovuto finanziare i suoi ambiziosi programmi sociali. Allo stesso tempo, però, ha ottenuto anche alcuni successi. Trovate tutto sotto FONTI E ARTICOLI.

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