SOCIETA’: PER QUANTO CI SI DEVE ANCORA PREOCCUPARE?

Sugli eventi negativi che turbano la società c’è poco da essere ottimisti: il male sta prevaricando il bene e si tiene poco conto di eventuali conseguenze peggiori. Intanto molte persone ogni giorno soccombono per mano altrui. Assai utili i nobili  esempi del passato.

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Da un po’ di tempo, ormai, mi chiedo quali e quante possono essere le ragioni che soprattutto in questi ultimi tre-quattro decenni, se non di più, hanno visto aumentare una serie di crimini per mano soprattutto di uomini (ma anche donne), nonché minorenni. E forse non è un caso che tali avvengono da quando l’era di internet e dei cellulari si è impadronita della società, tant’è che molti dei reati (d’ogni specie) sono anche “favoriti” dai vari social e, per quanto assurdo ammetterlo, alcune pubblicità e proposte filmiche sarebbero da mettere sul banco degli imputati. In questi ultimi anni, avendo letto un po’ di tutto e soffermandomi su ciò che accade nella vita quotidiana, non ho individuato profonde analisi in merito agli eventi in questione, tanto meno qualche proposta razionale e concreta per arginare un fenomeno che è la società nel suo degrado in fatto di rapporti umani. Per contro, invece, sono in aumento proposte cinematografiche spesso dalla trama violenta. Io credo che anche l’eccesso di libertà maturata dagli anni ’70 in poi abbia aperto un varco a quella che potrei definire “liceità comportamentale”, ovvero tutto è dovuto… a qualunque costo. Si prenda ad esempio l’abolizione della censura cinematografica annunciata nell’aprile del 2021, sia pur con alcune precisazioni-restrizioni (peraltro minime), un provvedimento a sostegno della libertà di espressione (e di azione) anche se purtroppo tale libertà sovente favorisce l’eccesso del fruitore… Ma il punto non è solo la diffusione di testi ed immagini, più o meno discutibili, c’è pure da considerare che spesso molte azioni criminose in parte non si riesce a prevenire e in parte non si fa abbastanza per prevenirle; e si consideri inoltre che a monte il tasso di ignoranza “attiva” in questi ultimi anni è incrementato notevolmente, al quale si aggiunga una considerazione errata e insufficiente del concetto dell’esistenza e, indipendentemente dalla propria fede religiosa, si dà per scontato che la vita terrena sia l’unica tappa… senza un seguito, con diritto di viverla come si vuole. A mio avviso non si tratta di essere atei, agnostici o meno, ma la gran parte delle persone non ha mai provato a considerare le riflessioni di molti saggi e filosofi che, non solo hanno creduto che la vita terrena ha un valore intrinseco e di mutua condivisione, ma allo stesso tempo la stessa avendo origini lontanissime e per certi versi incalcolabili di per sé non può terminare. Si dice da sempre che tutto ha un inizio e una fine, ma va precisato che la parola fine riflette solo la brevità di un passaggio. Ora, si può essere scettici o meno, ma più rileggo la filosofia e la vita del filantropo e premio Nobel per la Pace Albert Schweitzer (1875-1965), per citare una delle figure per me più emblematiche, più profondamente si è portati ad onorare quel  suo credo che ha tanto messo in pratica: “Rispetto per la vita”. Di questo protagonista che rispettò tanto gli esseri umani quanto gli animali, sarebbe opportuno riportarlo in auge in ogni ambito pubblico e istituzionale; ma purtroppo di lui e di altri che lo hanno preceduto o seguito con esempi analoghi, non si fa più menzione alcuna. Personalmente suggerirei di introdurre alcuni passi di questi protagonisti in alcune lezioni scolastiche e, se non fosse troppo provocatorio, diffondere la loro storia e il loro insegnamento durante alcune sedute Parlamentari; già, perché a mio parere anche determinati politici avrebbero bisogno di prendere esempio, a cominciare dalle loro espressioni in sede di Parlamento ed altrove…

A questo riguardo va detto che nemmeno il Pontefice nelle sue omelie ha mai citato filosofia e saggezza di questi grandi uomini di elevato valore etico e morale; mentre spesso non manca di rammentare, anche se meritorio, le figure di Santi e del loro operato e, a tal proposito, rammento che in Terra nessuno è mai stato Santo. Ma tornando alle nefandezze compiute e che compiono gli esseri umani, ormai più che quotidiane, credo che si debba agire con maggiore fermezza per tutelare l’incolumità delle persone e, il fatto che a perire siano soprattutto donne, non credo che sia un caso… In merito a quanto sinora detto non mi pare sia necessario possedere un titolo di Sociologia, Psicologia, Psichiatria o Antropologia per fare una analisi adeguata e puntuale del problema; mentre è più che sufficiente constatare con obiettività quanto accade ogni giorno, e di conseguenza il fatto che non si è più in grado di distinguere le persone di cui fidarsi da quelle di cui non fidarsi. Una volta si diceva che l’abito non fa il monaco, e purtroppo è vero, mentre sarebbe più opportuno conoscere più a fondo le persone considerandole maggiormente dopo anni di osservazione del loro operato culturale e sociale che, se privo d’ogni velleità venale, solitamente sono più attendibili. In buona sintesi, nessuno su questa Terra è privo di difetti e di peccati (se si vogliono ammettere), ma i sinceri intendimenti delle persone a volte sono leggibili nella profondità della loro espressione, il segreto (anche se difficile) sta nel saperli leggere ed interpretare. Un ultimo suggerimento. Per riscoprire il valore dei sentimenti come quello dell’Amore puro verso il prossimo è forse indicativo tornare indietro di qualche decennio, periodo in cui si possono trovare riscontri in cosa significa manifestarsi reciprocamente; e perché no, prendere esempio non tanto dalle “effusioni” (forse un po’ meno manifeste per quei tempi), quanto invece dal modo di esprimere per iscritto quale forma particolarmente delicata, che oggi per i più suonerebbe fuori luogo e oggetto di struggente ironia… Tra i rari esempi di una corrispondenza assidua, manifesta e di encomiabile costanza, figura “La storia d’amore del grande Nobel per la pace. Lettere dal 1901 al 1913 tra Albert Schweitzer e Hélène Bresslau” (Edizioni Città Nuova 1992, pagg. 404). Due personalità eccezionali che, nel corso di poco più di un decennio, andarono avvicinandosi l’un l’altra per poi condividere l’intera esistenza dedicata al prossimo nel lontano Gabon. Moltissime le lettere, rigorosamente datate, attraverso le quali il futuro Nobel emerge per la sua limpida ed “imperiosa” evoluzione spirituale… e tanto altro ancora. Per i lettori che ogni tanto mi leggono ancora una volta probabilmente appaio come l’eterno anticonformista, ma è un vestito che mi è stato fatto su misura e che è privo di asole sfilacciate…

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