CREDERE O NON CREDERE: DIO ESISTE?

Due pubblicazioni concentrate sull’ancestrale enigma, in cui sono coinvolti diversi aspetti come la fede e la ragione.

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Addentrarsi nel misticismo, ossia la Dottrina che afferma la possibilità, nell’uomo, di giungere all’assoluto ma soprattutto con la tendenza all’unione con il Divino come espressa, è alquanto ostico e per certi versi azione non priva di presunzione. Ciò richiede, o richiederebbe, quanto meno nozioni di Teologia e Filosofia non tanto dal punto di vista accademico quanto da quello meramente concettuale; ma ancor più si tratta di avere profonde convizioni sull’esistenza del Creato e conseguentemente (se non prima) di una Entità Suprema che, “a vario titolo”, per convenzione chiamiamo Dio e più estensivamente Signore, Cristo, Gesù, Padre Nostro. In tutti questi secoli molti si saranno posti l’ancestrale quesito: “Dio esiste?”, e forse pochi hanno tentato di dare una risposta e questo secondo la propria formazione culturale, spirituale e comunque di culto, ma sull’esistenza di Dio credo che forse ben pochi ne abbiano scritto e divulgato. A riguardo due sono le pubblicazioni che ho individuato: “Dio esiste? Un confronto su verità, fede e ateismo” a cura del filosofo Paolo Flores d’Arcais (1944) e Joseph Ratzinger (1927-2022), edito da Mimesis 2022, pagg. 108); e “Dio esiste?” del teologo svizzero Hans Küng (1928-2022), edito da Campo dei Fiori, 2012, pagg. 1.096). Nel primo caso, che non ho letto, si è tenuto un dibattito pubblico al teatro Quirino di Roma il 21 settembre 2000, al quale alcuni media hanno dato riscontro evidenziando, ad esempio, che secondo Ratzinger «… la fede non nega la ragione, la nutre del suo argomento più forte: si crede e si ragiona di Dio a partire da Dio», mentre Flores (rispettando i credenti) ha affermato che la fede non si lega alla ragione perché non ne ha bisogno; ovvero la fede non disprezza la ragione ma la giudica incapace di comprendere Dio. E qui mi fermo in merito al fatto di non aver seguito quel dibattito, ma le recensioni disponibili sottolineano le due diverse posizioni, mettendo in luce che la pubblicazione punta il dibattito su Dio, e quindi una verifica filosofica sul rapporte tra fede e ragione.

Molto più “impegnativa” la seconda pubblicazione, non solo per la corposità della pagine, ma anche per la profondissima analisi del tema in cui l’autore dedica gran parte del suo lavoro, e ciò attraverso il pensiero di filosofi e insigni protagonisti del sapere scientifico e letterario come René Descartes (Cartesio), Blaise Pascal, Georg Gänswein, Friedrich, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Ludwig Feuerbach, Auguste Comte, Pierre Teilhard de Cardin, Alfred N. Whitehead, Karl Marx, Sigmund Freud, Friedrich Nietzsche, Arthur Schopenhauer, Karl Barth, Immanuel Kant, Baruch Spinoza. Sin dall’inizio dell’opera l’autore dà per scontato che Dio esiste, e come in questo credo dovrebbero rientrare gli uomini del XX secolo, precisando: «Chi crede in Dio può essere addirittura fautore della vera libertà, uguaglianza e fraternità, dell’umanità, liberalità e giustizia sociale, della democrazia umana e del progresso scientifico controllato». Ecco che la fede subentra come un qualcosa che è in ciascuno di noi, e che si manifesta con la fiducia nel prossimo ossia la cosiddetta, dice Küng, fiducia di fondo. Il lungo viaggio letterario dell’autore in cui emergono i fenomeni dell’ateismo e del nichilismo, prende forma la convinzione che per capire il mondo e la natura dell’uomo vi si arriva attraverso la fiducia, sia pur inspiegabile, che è appunto la fede. Il teologo sostiene che per credere in Dio bisogna avere fiducia la quale è nell’uomo, e nel contempo avere amore per il prossimo; concetti essenziali per giungere al conforto e alla convinzione che Dio è colui che ci ha dato la vita, e la facoltà di distinguere il bene dal male. Nulla toglie, però, che noi tutti siamo liberi di pensare ed agire e, proprio per questo, avere anche la possibilità di giungere al desiderio di un’Entità (Dio) necessaria per la nostra esistenza. Molti nel corso dei secoli, e tutt’oggi, sono perplessi tra la fede e l’incredulità, indecisi, scettici come una lettrice (M.T.) di Roma, la quale con un breve trafiletto su un periodico di qualche anno fa manifestava perplessità proprio sulla esistenza o meno di Dio, che testualmente riporto: «Come mai Dio, che, secondo le varie religioni, sa e può tutto, ha creato un mondo pieno di ingiustizie? Non si può dire che l’abbia lasciato alla libera volontà degli individui, perchè la volontà non è libera, ma condizionata, dalle caratteristiche psico-fisiche di ogni persona e dagli eventi quotidiani. Allora Dio non è onnipotente? Come può ascoltare le preghiere di ciascuno dei 7 miliardi di creature?». A questi quesiti si potrebbero dare una infinità di risposte, e in quello stesso trafiletto la lettrice ebbe la seguente risposta: «Su questa tematica si potrebbe dissertare sino all’infinito. Tutte le religioni sono contraddittorie rispetto alla realtà. Chi ritiene che Dio sia morto ad Auschwitz, chi pensa che non sia mai esistito, chi identifica nella Natura il mistero della nascita e della morte di tutto l’esistente (genere umano, animale, vegetale). Possediamo almeno la libertà di pensare e giudicare in base alla nostra ragione». A tutte queste perplessità, ed anche certezze, il libro di Küng cerca di dare risposte un po’ a tutti, ma io credo che resta soggettivo il fatto di credere, o meno, e in che modo voler dissertare sull’esistenza di Dio. Quindi, se oggi si dubita sulla sua esistenza  bisogna evidenziare che si è portati ad affrontare l’insicurezza dell’esistenza umana. Ma dove fondare ogni certezza umana? Secondo la ratio ogni individuo deve orientare la propria vita con una responsabilità il più possibile sicura e guidata dalla ragione. Ma a mio modesto avviso, resta da constatare che sono ancora troppe le persone che hanno serie difficoltà a credere in Dio; quindi ritengo essere razionale rispettare il credo di ognuno, indipendentemente dalla lettura di questo libro anche se lo stesso offre una infinità di “spunti” per credere che Dio esiste, ed essere più vicini a Lui.

 

 

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