LA CARENZA OCCUPAZIONALE VISTA DA UN OPINIONISTA FUORI DAL CORO

La pandemia può essere una delle reali cause, ma non  deve continuare ad essere un “comodo” alibi, anche perché per  risanare le molteplici inefficienze del Paese, le opportunità di lavoro non mancherebbero: prime fra tutte il riconoscimento delle competenze e della meritocrazia

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Si sa, ma è bene ribadirlo, che fare un mestiere o esercitare una professione è una necessità, oltre che un dovere sociale, per vivere e per contribuire agli interessi della collettività. Ma ci siamo mai chiesti con quale criterio bisogna o si puo accedere ad un mestiere o ad una professione? E perché in molti casi bisogna far fronte ad innumerevoli difficoltà, oltre che ingiustizie per mancanza di obiettività, debito riconoscimento delle proprie competenze, per non parlare anche della cosiddetta meritocrazia? Per contribuire al bene comune non basta la buona volontà e vantare il diritto-dovere di occupare un posto di lavoro, è indispensabile individuarre tutte le possibili aree di svolgimento e possibilmente potendo scegliere; ma in caso di difficoltà indipendenti dalla soggettiva volontà, lo Stato e i suoi apparati dovrebbero intervenire in merito soprattutto nell’ambito della Pubblica Amministrazione. E non ci si stupisca su quanto si evince da Il Sole 24 Ore del 2/10/2020, ossia che «’Italia è un Paese sempre più “anziano” e con pochi giovani, che spesso abbandonano la nazione dopo aver raggiunto alti livelli di istruzione; ed è difficile stabilire con esattezza quanti siano ma i dati Istat dicono che nel 2018 sono partiti 117 mila italiani di cui 30 mila laureati; e l’Italia risulta essere un Paese dove i giovani non si sentono valorizzati come risorsa e vanno all’estero sempre di più alla ricerca di un futuro migliore e la radiografia di chi lascia il nostro Paese conferma che si tratta di una vera e propria fuga di cervelli». In questi ultimi decenni i tipi di mestieri e professioni sono aumentati per qualità, specializzazione e inventiva originalità, ma ciononostante (a parte l’attuale periodo pandemico) la disoccupazione rimane uno zoccolo duro… Io credo che tra le cause al primo posto manchi la “motivazione” per svolgere un certo lavoro, oltre alle esigenze del progresso tecnologico che richiede sempre più personale specializzato; ma va anche detto che in diversi ambiti un “impedimento” è dato dal nepotismo e dal clientelismo, e questo lo si riscontra nell’ambito del giornalismo, dello spettacolo, della pubblicità, dello sport, etc. Per quanto riguarda le risorse umane nella P.A. è noto che le assunzioni generalmente avvengono per concorso pubblico, e per accedervi i candidati devono essere in possesso di determinati requisiti, compresi il diploma di Scuola Media Superiore o diploma di Laurea. E a proposito del requisito relativo al grado di istruzione, non è dato a sapere, per esempio, per quali ragioni due ex ministri (donne) delle recenti Legislature hanno potuto ricoprire il ruolo di Ministro pur non avendo titoli accademici; mentre è noto che per ricoprire una carica di dirigente o funzionario pubblico sono richiesti i suddetti titoli. Per quanto riguarda invece l’esercizio di una attivita commerciale, un tempo il futuro esercente doveva superare un esame attinente al settore prescelto (Merceologia); ma ciò è durato poco e oggi riscontriamo che vi sono commercianti che non hanno quell’attitudine per il settore commerciale scelto. Su questo fenomeno della perpetua occupazione lavorativa privata e in ambito pubblico, ci sarebbe da disquisire ad oltranza e purtroppo a poco servirebbe; ma tant’è, così vanno le cose in Italia che tanto si vanta per certi meriti di elevato valore competitivo, e nel contempo presenta innumerevoli lacune al suo interno. Per arginare questo fenomeno, si fa per dire, sono nate le Agenzie di collocamento o pseudo tali,  o contratti in appalto, che però non hanno risolto il problema alla radice; per non parlare poi della “pensata tutta italiana” del noto Reddito di Cittadinanza che, in non pochi casi, ha favorito indirettamente ulteriore disoccupazione… Se poi volessimo includere il problema della occupazione dei disabili, ci sarebbe da aprire un capitolo a parte… altra vergogna tutta nostrana (sic!).

A fronte di una realtà che a mio avviso non dà un concreto segno di ripresa, credo proprio che per tutte queste ragioni, non saremo mai competitivi non potendo contare sulle proprie forze, non c’è politica che tenga anche perché gran parte degli stessi politici (che ci tengono ad essere evidenziati quali “onorevoli”) mancano di pragmatismo e, questa, è una peculiarità che non è riconosciuta da alcun Ateneo. Forse oggi abbiamo troppi professionisti laureati, ma solo sulla carta (gran parte di quelli di merito, come già detto, fuggono all’estero), mentre sarebbe utile individuare le caratteristiche dei soggetti da occupare, sia titolati che non; inoltre, fatta questa valutazione, è bene “reimpostare” il criterio delle remunerazioni che, in molti casi da sempre, sono assai incongrue nei vari mestieri. Insomma, si tratterebbe di ridefinire un piano strategico dell’occupazione in ogni ambito, ma il problema è: quali le figure deputate per tale ruolo? E con quali modalità? In effetti è un cane che si morde la coda e, purtroppo, l’Italia di oggi è priva anche di queste figure. Per concludere, non ho evidenziato il ruolo del volontariato che in diversi ambiti dovrebbe far parte di risorse umane con un regolare contratto di lavoro, e non sostituirsi a mansioni istituzionali per la carenza di organico, anche perché in parte ciò favorisce la disoccupazione. Infine, non ho citato i determinanti concetti di etica e di onestà, che davo per scontati; ma se volessimo chiamarli in causa, Dio ce ne liberi. Amen!

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